Buongiorno e ben ritrovati.

Un famoso ex professore di una famosa Università milanese, che ha creato una newsletter finanziaria molto seguita nel nostro Paese, ama distinguere uno scommettitore da un investitore dal “sottostante” o se preferite da ciò che ha acquistato.
Secondo lui infatti, chiunque compri azioni, obbligazioni od immobili a reddito è un investitore poichè “generano cashflow”, mentre, chiunque compri altro (materie prime, valute, criptovalute o beni rifugio come quadri, sculture, auto d’epoca, oggetti collezionabili, ecc.) sta effettuando una scommessa.

Premesso che, a mio modesto avviso, quella di “generare cassa” da parte di un sottostante mi sembra una questione piuttosto semplicistica per evidenziare la differenza fra un investimento ed una scommessa, desidero esprimere il mio punto di vista al riguardo perchè, ogni volta che ho guadagnato denaro da un investimento nella mia vita non l’ho fatto di certo attraverso “la cassa” che mi ha generato, ma semmai per aver individuato il giusto timing dell’operazione che mi ha permesso di acquistare ciò in cui avevo investito (indipendentemente da cosa fosse) e di rivenderlo ad un prezzo superiore a quanto acquistato (quindi in pratica, secondo lui “scommettendo”).

Questo non fa di me un investitore, ma bensì uno scommettitore? Sinceramente non penso…

Anche perchè ad esempio chi compra alloggi all’asta secondo questo parametro è uno scommettitore che diventerebbe un investitore soltanto nel momento in cui li mette a reddito affittandoli? Se invece li ristruttura e li vende (magari ad un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato per velocizzare l’operazione) e guadagnando sulla differenza, come mai non sarebbe degno d’esser definito investitore ma bensì declassato a “speculatore”?

Certo, in questi 30 anni nel settore ho conosciuto molta gente che mi parlava di rendite da “dividendi” derivanti dai titoli in portafoglio, di interessi derivanti dalle obbligazioni ma nella mia vita sia come consulente che come investitore ho assistito personalmente ad autentici “CIGNI NERI” del calibro di società quotate con bilanci sanissimi (a parole) che sono finite gambe all’aria in men che non si dica!

Cerchiamo quindi di ricordarcene qualcuna al fine di trarne un insegnamento per il futuro:

ENRON ad esempio è stata una delle più grandi multinazionali statunitensi, operante nel campo dell’energia che fallì nel 2001. Quando fece default, l’avvenimento giunse del tutto inaspettato poiché ufficialmente l’azienda negli ultimi dieci anni aveva avuto una crescita molto rapida, decuplicando il proprio valore e raggiungendo il 7º posto nella classifica delle più importanti multinazionali statunitensi. Tuttavia nel giro di pochissimo tempo le azioni Enron, da tutte le istituzioni finanziarie considerate “solidissime”, persero tutto il loro valore, passando da 86 dollari a 26 centesimi, bruciando così circa 130 miliardi di dollari nel giro di tre mesi.

AIG (American International Group) era nel 2008 la più grande compagnia di assicurazioni e riassicurazioni esistente al Mondo. Il 28 febbraio 2008, annunciava per l’esercizio 2007 utili pari a 6,20 miliardi di dollari, equivalenti a 2,39 dollari per azione. Quel giorno, il relativo titolo azionario chiudeva la seduta a Wall Street a 50,15 dollari.
Meno di sette mesi dopo, AIG si trovava sull’orlo della bancarotta ed in un solo giorno di contrattazioni perse oltre il 45%, poichè doveva essere urgentemente salvata dalla Federal Reserve tramite un’iniezione di fondi pari a 85 miliardi di dollari. L’aiuto pubblico, da allora, è lievitato sino a raggiungere la somma di 182,5 miliardi di dollari: in quel preciso istante, il titolo AIG venne negoziato a meno di 1 Dollaro per azione.

LEHMAN BROTHERS …Come dimenticarsi di una delle più grandi banche d’affari al Mondo che, dalla sera alla matina scatena la crisi del 2008 per via del fallimento dei suoi 2 più importanti investimenti dell’epoca a capitale pressochè garantito?
Dopo il suo fallimento, si è dovuto attendere il 2012 per vedere la denuncia da parte della procura di New York denuncia per frode a Bear Stearns e Emc Mortgage, del gruppo JP Morgan, per la truffa dei mutui subprime.
A titolo puramente informativo, le perdite della Bear Stearns che vennero a galla, ammontaronono a 22,5 miliardi di dollari ed hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d’America e la crisi che per anni ha imperversato in tutti il resto del Mondo, Europa compresa.

PARMALAT
Azienda fondata originariamente come Dietalat da Calisto Tanzi, che nel 1961 aprì un piccolo caseificio a Collecchio nelle immediate vicinanze di Parma. Negli anni settanta la forte richiesta di latte a lunga conservazione permise alla Parmalat di far crescere la propria fetta di mercato. Nel corso degli anni novanta, dopo la ristrutturazione e la conseguente quotazione in Borsa, l’impresa rafforzò la propria posizione ed iniziò ad acquisire numerose altre società in Europa, America Latina ed Africa, molte delle quali non strettamente legate al settore alimentare, tra le altre in Italia ci furono la società calcistica del Parma Associazione Calcio, il gruppo di villaggi turistici ParmaTour e il network televisivo Odeon TV. Rafforzata ulteriormente la propria posizione sul mercato acquisendo vari marchi e società tra cui Latte Oro e Latte Berna, nel 1999 avviò le trattative con Cirio per l’acquisizione della Eurolat, e del pacchetto azionario di controllo della Centrale del Latte di Roma, operazione che si concluse nel 2004 con un costo per la società emiliana di 324 miliardi di lire. Verso la fine del 2003, fu travolta da un colossale crac finanziario, che la costrinse a dichiarare bancarotta lasciando un buco di 14,3 miliardi di euro. Nel 2014 la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la pena a Calisto Tanzi. La condanna definitiva di Tanzi è stata di 17 anni, mentre il direttore finanziario Fausto Tonna è stato condannato a 9 anni di reclusione.

MPS
La più antica banca in attività e la più longeva al mondo costituisce oggi, assieme alle altre società del gruppo, il 4º gruppo bancario italiano.
Oggi è partecipata dallo Stato italiano che fece il suo ingresso dopo il fallito aumento di capitale da 5 miliardi di euro del 2017.
Immagino che chiunque legga si renda conto che un aumento di capitale fallito per una qualsiasi azienda avrebbe significato l’immediato default, trattandosi di una primaria banca invece dal momento che lo Stato si sarebbe dovuto rendere garante dei depositi dei clienti, ci fu una sottoscrizione per salvarla in cambio del 68,2% del capitale sociale con la partecipazione diretta del Ministero dell’economia e delle finanze. Il grafico del titolo penso dica tutto: chiunque avesse investito 100 nel 2007 si ritroverebbe oggi a perdere circa il 90%.

Per non tediarvi ulteriormente, salto a piè pari i casi delle “banchette” non quotate Etruria e Popolare di Vicenza, ricordandovi soltanto a titolo di cronaca per evidenziarne i valori delle azioni in quel periodo con il caso di Banca Carige le cui azioni arrivarono a valere (prima dell’ingresso dello Stato italiano per il salvataggio) “ben” 0,0015 Euro caduna.

Spostando il focus sull’obbligazionario e volutamente tralasciando tutte le obbligazioni corporate che con il tempo non sono state pagate da parte di aziende quotate e sussidiarie estere altrimenti l’elenco diverrebbe veramente troppo lungo per esser letto agevolmente, è doveroso ricordare i titoli di Stato e garantiti come tali di RUSSIA, ARGENTINA, BRASILE, fino ai più recenti VENEZUELA e LIBANO (ma se volete tutte le crisi di “insolvenza sovrana” non avete che da andarvi a leggere l’elenco completo QUI. )

Dopo tutto questo preambolo, è a parer mio TOTALMENTE INUTILE che chiunque (e ribadisco CHIUNQUE, potrebbe essere anche il presidente della Bce o della Fed in persona) mi venga a raccontare che la scelta dei titoli azionari in cui investire per effettuare un corretto investimento (e non una scommessa), debba dipendere principalmente dagli indici di bilancio quali ad esempio l’EPS piuttosto che EBIT o EBITDA, visto che, come amava ripetere un mio carissimo professore a cui sarò eternamente grato per avermi aperto gli occhi ed insegnato ad effettuare il controllo di gestione attraverso strumenti decisamente piu performanti ed efficienti di quelli utilizzati da banche, istituzioni, revisori e “contafagioli” vari:

“Il bilancio è come il marito cornuto… E’ sempre l’ultimo a sapere le cose!”

E se mi permettete, il lunghissimo elenco di tutti i casi di crack e di dissesti finanziari avvenuti che vi ho postato sopra, rimarrà ad imperitura memoria a dimostrarmi che quelle semplicissime parole da sempre avevano hanno ed avranno un grandissimo fondo di verità!

Oltretutto, se dovessi basarmi soltanto sui soliti parametri di bilancio, praticamente non dovrei mai investire nè in startup nè in titoli che fanno il loro ingresso in borsa… Eppure è proprio in sede di collocamento o di I.P.O. che spesso e volentieri ci sono lauti guadagni! Quindi, riepilogando come posso fare se voglio investire in titoli senza rischiare l’osso del collo, visto che se mi muovo esclusivamente in un’ottica di cassa (o di dividendi o di interessi in caso di obbligazioni) tale tipo di operatività potrebbe rischiare di farmi rimanere incastrato per anni o addirittura per decenni “a piangere sul latte versato”?

Beh, direi che innanzitutto è importante rendersi conto che TUTTI i titoli che ho in portafoglio, NESSUNO ESCLUSO, neanche fra quelli che metterò in portafoglio nei prossimi anni, potrebbe essere il prossimo da aggiungere all’elenco di cui sopra.

Poi è altrettanto importante stabilire una chiara regola attraverso un METODO che mi consenta di effettuare la scelta migliore rispettando un rigorosissimo money management, diversamente il fattore tempo giocherà a mio sfavore e come soleva ripetere Albert Einstein nel ruolo dell’interesse composto: “Chi l’ha capito lo sfrutta… Chi non l’ha capito lo subisce”.
Proprio per questo motivo, sarà necessario verificare almeno trimestralmente i propri titoli in portafoglio, predisponendosi mentalmente per un “cut off” degli “errori” o se preferite attraverso un taglio delle perdite, al fine di lasciar correre i titoli in profitto (a tal proposito vi ricordo che come già scrissi nella tabella pubblicata nell’Algobussola n°3 una perdita del 10% è recuperabilissima in tempi piuttosto brevi, mentre una del 90% è pressochè impossibile da recuperare visto che servirebbe il 900% di gain per tornare in pari).

Naturalmente se ritenete che tutto ciò sia troppo complicato per voi visto che, la vostra psicologia “vi gioca contro” (a parole è molto facile comprare un titolo a prezzi bassi e venderlo sui massimi, ma nella realtà è decisamente più facile fare il contrario visto che oltre l’80% degli investitori perde soldi dai propri investimenti) e/o non avete nè il tempo, nè la cultura finanziaria nè la voglia di dedicarvi ad un ferreo controllo attraverso un rigido protocollo di money management, piuttosto è molto più facile utilizzare una strategia decisamente più semplice come quella dei “LAZY PORTFOLIOS” di John Bogle,

Ma… Che piaccia o no, anche in questo caso…

Non crediate che anche così facendo ci si possa permettere di dormirci sopra e risvegliarsi fra tot anni magari un attimo prima di andare in pensione poichè, è ampiamente dimostrato che,
i timing di ingresso e di uscita da un investimento fanno senza ombra di dubbio alcuno, “la differenza” non soltanto in termini di tranquillità psicologica ma anche di risultato!

Se non mi credete, provate a prendere il grafico dell’S&P 500 (che mediamente, compresi i dividendi, ha reso il 7% annuo composto negli ultimi 20 anni ed il 12% negli ultimi 40) ed immaginate di entrare attraverso un ETF od un INDEX FUND che ne replichi la posizione nel Luglio 2007 ed uscire nel Marzo 2009 (magari terrorizzati dalla performance realizzata oppure dal bombardamento mediatico conseguente alla crisi dei subprime per via del fallimento delle banche statunitensi che vi ho indicato sopra): come vi sentireste se aveste investito i vostri sudati risparmi comprando qualcosa 1600 e ve lo ritrovaste a 754 dopo meno di 2 anni? Cosa vi direbbero ad esempio vostra moglie o i vostri figli se ad esempio aveste investito 160 mila Euro e ve ne ritrovaste 75mila e 400 dopo 2 anni? E se fossero stati 1 milione e 600.000 a trasformarsi in 754 mila? Come ci sareste rimasti?

Come spesso amo ripetere, siete liberi di non fidarvi di queste mie parole nè dei grafici che vi posto, ma quantomeno, mi piacerebbe che ascoltaste quelle di uno dei più grandi gestori di fondi di tutti i tempi:

Ascoltate attentamente gli ultimi 10 secondi e fate tesoro di quel “DESTINATI” perchè, a giudicare dall’euforia che si sente sui social media sembra che, indipendentemente da ciò che comprano, siano diventati tutti dei novelli Ray Dalio o Warren Buffett… Quello che non sanno (ahimè, poverini) è che da quel che ci dicono i dati,

Fonte dati: Blackrock

nonostante qualche “leggero temporale”, la marea è ancora bella alta!

Certo di avervi fornito qualche spunto su cui meditare, in attesa del prossimo numero, come al solito vi auguro oltre che buon weekend anche buone, anzi ottime riflessioni.

Carlo Zanghi
Presidente Ufficio Studi Assodir
800-587.912

Disclaimer
Questo articolo contiene solo informazioni generali. Nella misura in cui qualsiasi informazione contenuta in questo articolo sia un consiglio finanziario o di investimento, è un consiglio generale e rivolto ad un pubblico indistinto visto che non tiene conto della particolare situazione finanziaria, degli obiettivi o delle esigenze dei singoli investitori. Gli investitori dovrebbero valutare se la consulenza è appropriata alla luce delle loro particolari circostanze finanziarie prima di investire e, se necessario, richiedere una consulenza professionale. Tutte le opinioni espresse in questo blog sono espresse a nome dell’Ufficio Studi Assodir – Associazione A.D.I.R. per i lettori della nostra rubrica “ALGOBUSSOLA DELL’INVESTITORE”©

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